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LA MISERICORDIA FA FIORIRE LA VITA

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Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente

per la 38a Giornata Nazionale per la vita

(7 febbraio 2016)

“Siamo noi il sogno di Dio che, da vero innamorato, vuole cambiare la nostra vita”[1]. Con queste parole Papa Francesco invitava a spalancare il cuore alla tenerezza del Padre, “che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati” (1Pt 1,3) e ha fatto fiorire la nostra vita.

 

La vita è cambiamento

L’Anno Santo della misericordia ci sollecita a un profondo cambiamento. Bisogna togliere “via il lievito vecchio, per essere pasta nuova” (1Cor 5,7), bisogna abbandonare stili di vita sterili, come gli stili ingessati dei farisei. Di loro il Papa dice che “erano forti, ma al di fuori. Erano ingessati. Il cuore era molto debole, non sapevano in cosa credevano. E per questo la loro vita era – la parte di fuori – tutta regolata; ma il cuore andava da una parte all’altra: un cuore debole e una pelle ingessata, forte, dura”[2]. La misericordia, invero, cambia lo sguardo, allarga il cuore e trasforma la vita in dono: si realizza così il sogno di Dio.

 

La vita è crescita

Una vera crescita in umanità avviene innanzitutto grazie all’amore materno e paterno: “la buona educazione familiare è la colonna vertebrale dell’umanesimo”[3]. La famiglia, costituita da un uomo e una donna con un legame stabile, è vitale se continua a far nascere e a generare. Ogni figlio che viene al mondo è volto del “Signore amante della vita” (Sap 11,26), dono per i suoi genitori e per la società; ogni vita non accolta impoverisce il nostro tessuto sociale. Ce lo ricordava Papa Benedetto XVI: “Lo sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà, costituisce in realtà l’eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani”[4]. Il nostro Paese, in particolare, continua a soffrire un preoccupante calo demografico, che in buona parte scaturisce da una carenza di autentiche politiche familiari. Mentre si continuano a investire notevoli energie a favore di piccoli gruppi di persone, non sembra che ci sia lo stesso impegno per milioni di famiglie che, a volte sopravvivendo alla precarietà lavorativa, continuano ad offrire una straordinaria cura dei piccoli e degli anziani. “Una società cresce forte, cresce buona, cresce bella e cresce sana se si edifica sulla base della famiglia”[5]. È la cura dell’altro – nella famiglia come nella scuola – che offre un orizzonte di senso alla vita e fa crescere una società pienamente umana.

 

La vita è dialogo

I credenti in ogni luogo sono chiamati a farsi diffusori di vita “costruendo ponti”[6] di dialogo, capaci di trasmettere la potenza del Vangelo, guarire la paura di donarsi, generare la “cultura dell’incontro”[7]. Le nostre comunità parrocchiali e le nostre associazioni sanno bene che “la Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere”[8]. Siamo chiamati ad assumere lo stile di Emmaus: è il vangelo della misericordia che ce lo chiede (cfr. Lc 24,13-35). Gesù si mette accanto, anche quando l’altro non lo riconosce o è convinto di avere già tutte le risposte. La sua presenza cambia lo sguardo ai due di Emmaus e fa fiorire la gioia: nei loro occhi si è accesa una luce. Di tale luce fanno esperienza gli sposi che, magari dopo una crisi o un tradimento, scoprono la forza del perdono e riprendono di nuovo ad amare. Ritrovano, così, il sapore pieno delle parole dette durante la celebrazione del matrimonio: “Padre, hai rivelato un amore sconosciuto ai nostri occhi, un amore disposto a donarsi senza chiedere nulla in cambio”[9]. In questa gratuità del dono fiorisce lo spazio umano più fecondo per far crescere le giovani generazioni e per “introdurre – con la famiglia – la fraternità nel mondo”[10]. Il sogno di Dio – fare del mondo una famiglia – diventa metodo quando in essa si impara a custodire la vita dal concepimento al suo naturale termine e quando la fraternità si irradia dalla famiglia al condominio, ai luoghi di lavoro, alla scuola, agli ospedali, ai centri di accoglienza, alle istituzioni civili.

 

La vita è misericordia

Chiunque si pone al servizio della persona umana realizza il sogno di Dio. Contagiare di misericordia significa aiutare la nostra società a guarire da tutti gli attentati alla vita. L’elenco è impressionante: “È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente”[11]. Contagiare di misericordia significa affermare – con papa Francesco – che è la misericordia il nuovo nome della pace. La misericordia farà fiorire la vita: quella dei migranti respinti sui barconi o ai confini dell’Europa, la vita dei bimbi costretti a fare i soldati, la vita delle persone anziane escluse dal focolare domestico e abbandonate negli ospizi, la vita di chi viene sfruttato da padroni senza scrupoli, la vita di chi non vede riconosciuto il suo diritto a nascere. Contagiare di misericordia significa osare un cambiamento interiore, che si manifesta contro corrente attraverso opere di misericordia. Opere di chi esce da se stesso, annuncia l’esistenza ricca in umanità, abita fiducioso i legami sociali, educa alla vita buona del Vangelo e trasfigura il mondo con il sogno di Dio.

Roma, 22 ottobre 2015

Memoria di San Giovanni Paolo II

 

                                                         Il Consiglio Permanente

                                                               della Conferenza Episcopale Italiana

[1] Francesco, Meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, Come si cambia, 16 marzo 2015.
[2] Francesco, Meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, Cuori di tenebra, 15 dicembre 2014.
[3] Francesco, Udienza Generale, 20 maggio 2015.
[4] Benedetto XVI, Messaggio per la XLII Giornata della pace, 1 gennaio 2009.
[5] Francesco, Discorso alla Veglia di preghiera con le famiglie, Philadelphia, 26 settembre 2015.
[6] Francesco, Meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, Come si fa il dialogo, 24 gennaio 2014.
[7] Francesco, Messaggio per la XLVIII Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali. Comunicazione al servizio di un’autentica cultura dell’incontro, 1 giugno 2014.
[8] Beato Paolo VI, Lettera enciclica Ecclesiam  Suam, 6 agosto 1964, 67.
[9] Rituale Romano, Rito del Matrimonio, IV formula di benedizione, Libreria Editrice Vaticana, Roma, 2004.
[10] Francesco, Udienza Generale, 18 febbraio 2015.
[11] Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro promosso dall’Associazione Scienza e Vita, 30 maggio 2015.

SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI 18-25 gennaio 2016

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Preghiera

Signore Gesù, Tu ci hai sempre amato, fin dal principio, e hai mostrato la profondità del tuo amore morendo per noi sulla croce e condividendo, così, le nostre sofferenze e il nostro dolore. In questo istante noi deponiamo ai piedi della tua croce ogni ostacolo che ci separa dal tuo amore. Fai rotolare la pietra che ci tiene prigionieri. Risvegliaci all’alba di resurrezione, perché possiamo incontrare lì i fratelli e le sorelle da cui ci siamo separati. Amen.

Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2016

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2016

[17 gennaio 2016]

“Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”

 

Cari fratelli e sorelle!

Nella bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia ho ricordato che “ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre” (Misericordiae Vultus, 3). L’amore di Dio, infatti, intende raggiungere tutti e ciascuno, trasformando coloro che accolgono l’abbraccio del Padre in altrettante braccia che si aprono e si stringono perché chiunque sappia di essere amato come figlio e si senta “a casa” nell’unica famiglia umana. In tal modo, la premura paterna di Dio è sollecita verso tutti, come fa il pastore con il gregge, ma è particolarmente sensibile alle necessità della pecora ferita, stanca o malata. Gesù Cristo ci ha parlato così del Padre, per dire che Egli si china sull’uomo piagato dalla miseria fisica o morale e, quanto più si aggravano le sue condizioni, tanto più si rivela l’efficacia della divina misericordia.

Nella nostra epoca, i flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area del pianeta: profughi e persone in fuga dalle loro patrie interpellano i singoli e le collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale con cui vengono a confronto. Sempre più spesso le vittime della violenza e della povertà, abbandonando le loro terre d’origine, subiscono l’oltraggio dei trafficanti di persone umane nel viaggio verso il sogno di un futuro migliore. Se, poi, sopravvivono agli abusi e alle avversità, devono fare i conti con realtà dove si annidano sospetti e paure. Non di rado, infine, incontrano la carenza di normative chiare e praticabili, che regolino l’accoglienza e prevedano itinerari di integrazione a breve e a lungo termine, con attenzione ai diritti e ai doveri di tutti. Più che in tempi passati, oggi il Vangelo della misericordia scuote le coscienze, impedisce che ci si abitui alla sofferenza dell’altro e indica vie di risposta che si radicano nelle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, declinandosi nelle opere di misericordia spirituale e corporale.

Sulla base di questa constatazione ho voluto che la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2016 fosse dedicata al tema: “Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”. I flussi migratori sono ormai una realtà strutturale e la prima questione che si impone riguarda il superamento della fase di emergenza per dare spazio a programmi che tengano conto delle cause delle migrazioni, dei cambiamenti che si producono e delle conseguenze che imprimono volti nuovi alle società e ai popoli. Ogni giorno, però, le storie drammatiche di milioni di uomini e donne interpellano la Comunità internazionale, di fronte all’insorgere di inaccettabili crisi umanitarie in molte zone del mondo. L’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi. Di grandi o piccole dimensioni, sono sempre tragedie quando si perde anche una sola vita umana.

I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti. Non è forse desiderio di ciascuno quello di migliorare le proprie condizioni di vita e ottenere un onesto e legittimo benessere da condividere con i propri cari?

In questo momento della storia dell’umanità, fortemente segnato dalle migrazioni, quella dell’identità non è una questione di secondaria importanza. Chi emigra, infatti, è costretto a modificare taluni aspetti che definiscono la propria persona e, anche se non lo vuole, forza al cambiamento anche chi lo accoglie. Come vivere queste mutazioni, affinché non diventino ostacolo all’autentico sviluppo, ma siano opportunità per un’autentica crescita umana, sociale e spirituale, rispettando e promuovendo quei valori che rendono l’uomo sempre più uomo nel giusto rapporto con Dio, con gli altri e con il creato?

Di fatto, la presenza dei migranti e dei rifugiati interpella seriamente le diverse società che li accolgono. Esse devono far fronte a fatti nuovi che possono rivelarsi improvvidi se non sono adeguatamente motivati, gestiti e regolati. Come fare in modo che l’integrazione diventi vicendevole arricchimento, apra positivi percorsi alle comunità e prevenga il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo o della xenofobia?

La rivelazione biblica incoraggia l’accoglienza dello straniero, motivandola con la certezza che così facendo si aprono le porte a Dio e nel volto dell’altro si manifestano i tratti di Gesù Cristo. Molte istituzioni, associazioni, movimenti, gruppi impegnati, organismi diocesani, nazionali e internazionali sperimentano lo stupore e la gioia della festa dell’incontro, dello scambio e della solidarietà. Essi hanno riconosciuto la voce di Gesù Cristo: «Ecco, sto alla porta e busso» (Ap 3,20). Eppure non cessano di moltiplicarsi anche i dibattiti sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza, non solo nelle politiche degli Stati, ma anche in alcune comunità parrocchiali che vedono minacciata la tranquillità tradizionale.

Di fronte a tali questioni, come può agire la Chiesa se non ispirandosi all’esempio e alle parole di Gesù Cristo? La risposta del Vangelo è la misericordia.

In primo luogo, essa è dono di Dio Padre rivelato nel Figlio: la misericordia ricevuta da Dio, infatti, suscita sentimenti di gioiosa gratitudine per la speranza che ci ha aperto il mistero della redenzione nel sangue di Cristo. Essa, poi, alimenta e irrobustisce la solidarietà verso il prossimo come esigenza di risposta all’amore gratuito di Dio, «che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5). Del resto, ognuno di noi è responsabile del suo vicino: siamo custodi dei nostri fratelli e sorelle, ovunque essi vivano. La cura di buoni contatti personali e la capacità di superare pregiudizi e paure sono ingredienti essenziali per coltivare la cultura dell’incontro, dove si è disposti non solo a dare, ma anche a ricevere dagli altri. L’ospitalità, infatti, vive del dare e del ricevere.

In questa prospettiva, è importante guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o di irregolarità, ma soprattutto come persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti, in particolar modo quando assumono responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri. Comunque non si possono ridurre le migrazioni alla dimensione politica e normativa, ai risvolti economici e alla mera compresenza di culture differenti sul medesimo territorio. Questi aspetti sono complementari alla difesa e alla promozione della persona umana, alla cultura dell’incontro dei popoli e dell’unità, dove il Vangelo della misericordia ispira e incoraggia itinerari che rinnovano e trasformano l’intera umanità.

La Chiesa affianca tutti coloro che si sforzano per difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità, anzitutto esercitando il diritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo del Paese d’origine. Questo processo dovrebbe includere, nel suo primo livello, la necessità di aiutare i Paesi da cui partono migranti e profughi. Così si conferma che la solidarietà, la cooperazione, l’interdipendenza internazionale e l’equa distribuzione dei beni della terra sono elementi fondamentali per operare in profondità e con incisività soprattutto nelle aree di partenza dei flussi migratori, affinché cessino quegli scompensi che inducono le persone, in forma individuale o collettiva, ad abbandonare il proprio ambiente naturale e culturale. In ogni caso, è necessario scongiurare, possibilmente già sul nascere, le fughe dei profughi e gli esodi dettati dalla povertà, dalla violenza e dalle persecuzioni.

Su questo è indispensabile che l’opinione pubblica sia informata in modo corretto, anche per prevenire ingiustificate paure e speculazioni sulla pelle dei migranti.

Nessuno può fingere di non sentirsi interpellato dalle nuove forme di schiavitù gestite da organizzazioni criminali che vendono e comprano uomini, donne e bambini come lavoratori forzati nell’edilizia, nell’agricoltura, nella pesca o in altri ambiti di mercato. Quanti minori sono tutt’oggi costretti ad arruolarsi nelle milizie che li trasformano in bambini soldato! Quante persone sono vittime del traffico d’organi, della mendicità forzata e dello sfruttamento sessuale! Da questi aberranti crimini fuggono i profughi del nostro tempo, che interpellano la Chiesa e la comunità umana affinché anch’essi, nella mano tesa di chi li accoglie, possano vedere il volto del Signore «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3).

Cari fratelli e sorelle migranti e rifugiati! Alla radice del Vangelo della misericordia l’incontro e l’accoglienza dell’altro si intrecciano con l’incontro e l’accoglienza di Dio: accogliere l’altro è accogliere Dio in persona! Non lasciatevi rubare la speranza e la gioia di vivere che scaturiscono dall’esperienza della misericordia di Dio, che si manifesta nelle persone che incontrate lungo i vostri sentieri! Vi affido alla Vergine Maria, Madre dei migranti e dei rifugiati, e a san Giuseppe, che hanno vissuto l’amarezza dell’emigrazione in Egitto. Alla loro intercessione affido anche coloro che dedicano energie, tempo e risorse alla cura, sia pastorale che sociale, delle migrazioni. Su tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 12 settembre 2015

Memoria del Santissimo Nome di Maria

FRANCESCO

BUON NATALE GIUBILARE 25/12/2015

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Santo Natale!!! Sempre più misericordiosi… oggi e sempre!

“Non c’è posto per il dubbio; lasciamolo agli scettici che per interrogare solo la ragione non trovano mai la verità. Non c’è spazio per l’indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Viene scacciata ogni tristezza, perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore” (omelia di papa Francesco della messa della notte di natale 2015)

CINEFORUM 12/11/2015 (19.15)

CINEFORUM

L’insegnante di ruolo deve assentarsi perché prossima al parto e al suo posto arriva nel liceo sloveno il professore di tedesco Zupan. I metodi dell’uomo sono rigidi, freddi e punitivi, agli occhi di una classe abituata ad un clima di amichevole negoziazione tra allievi e professori. Quando una studentessa, Sabina, si suicida apparentemente senza motivo, i compagni sconvolti incolpano il professore e le sue richieste troppo esigenti. Ma, nel corso del lutto, il fronte unito della ribellione contro Zupan comincia ad incrinarsi e il vortice delle accuse si complica e si esaspera.
“Voi sloveni, quando non vi suicidate, vi uccidete tra voi”, sentenzia un ragazzo asiatico, illuminando una delle chiavi di lettura di questo riuscitissimo lungo d’esordio di Bicek. Ma, fuori dal racconto come dentro di esso, non è tutto bianco e nero, e al giovane regista non interessa solo la metafora della classe come riflesso in piccolo di una società ancora divisa al suo interno tra fazioni opposte che risalgono alla seconda guerra mondiale, né l’aderenza ad una realtà drammatica che conta in Slovenia un numero di suicidi a tutt’oggi ancora altissimo: nel suo film, mette anche un po’ di sé, con il ricordo della radio scolastica e l’episodio cardine del suicidio di una di una ragazza, che ha fatto parte della sua storia di liceale.
Soprattutto, mette in gioco una riflessione tra la modernità educativa, intesa come deresponsabilizzazione e protezione ad oltranza dei giovani dai dolori della vita, e vecchia scuola, più formativa ma meno empatica. Nel mondo odierno del “Al lupo! Al lupo!”, la serietà di Zupan lo porta a venir accusato niente meno che di nazismo e ad essere identificato con un sistema -questo sì inflessibile e immutabile- rispetto al quale la sua cultura è invece probabilmente l’unico antidoto possibile. Detto questo, Bicek si guarda bene dal fare del professore un martire, ma non salva nemmeno la ragazzina introversa o il compagno che ha perso la madre, costruendo un’escalation di sospetti e dispetti che include tutti quanti e conduce ad una vera e propria guerra, silente e camuffata come sono i peggiori conflitti sul nascere. L’abilità dell’autore, infine, sul terreno di un film tutto sommato piccolo e lineare, è proprio quella di far confliggere l’alto tasso di emotività in gioco con una messa in scena calibrata e pumblea che, se da un lato lo reprime, dall’altro ne alimenta il fuoco sotterraneo.
Il suicidio, allora, lungi dall’essere il tema del film, è solo il pretesto per fare della classe un simbolico ring, dove ci si avventa l’uno contro l’altro sull’onda delle emozioni, ma, proprio per questo, si percuote senza esclusione di colpi.

 

Missionari, in tutto il mondo «dalla parte dei poveri» – 18/10/2015 – 89a Giornata missionaria mondiale

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I fedeli che domani in tutto il mondo parteciperanno alla Messa saranno invitati a pregare per i missionari e a donare, secondo le proprie possibilità, un’offerta per le missioni. Si celebra, infatti, l’89ª Giornata missionaria mondiale (Gmm), a sostegno delle giovani Chiese, senza distinzioni o particolarismi. Il messaggio di papa Francesco per l’occasione chiarisce «chi sono i destinatari privilegiati dell’annuncio evangelico». «La risposta – spiega il Pontefice – la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti ». È per questo che le Pontificie opere missionarie (Pom), rappresentate in Italia dalla Fondazione Missio, come slogan della Giornata hanno scelto “Dalla parte dei poveri”. Un tema caro a papa Francesco e di attualità quotidiana per i missionari impegnati nella realizzazione di un Regno di giustizia, compassione, solidarietà, a volte fino al sacrificio della vita.

Ma la Gmm responsabilizza ciascun cristiano: «La tradizione delle Pontificie opere missionarie –spiega don Michele Autuoro, direttore della Fondazione Missio – ci ricorda che questo è l’impegno anche di bambini, giovani, adulti e famiglie. Nel mondo ci sono piccole comunità cristiane che hanno bisogno di essere accompagnate nella crescita, difese, sostenute anche con l’invio e la formazione di personale apostolico e il sostegno nelle difficoltà materiali». Ecco perché le Pontificie opere missionarie promuovono a 360 gradi la dimensione
missionaria di cristiani e comunità.

A bambini e pre-adolescenti la Pontificia opera infanzia missionaria (Poim) offre la newsletter settimanale “IoVangelo” che invita alla preghiera e a nuovi stili di vita sulla Parola della domenica; la “Stella Cometa” e la Novena per il percorso d’Avvento; il poster “Porta la misericordia” per vivere il prossimo Giubileo con cuore e occhi aperti al mondo; il materiale per la Giornata missionaria dei ragazzi e la rivista mensile Il ponte d’oro.

Ai più grandi, il servizio delle Pontificie opere missionarie, svolto dai giovani per i giovani, propone tra l’altro un’esperienza estiva in un Paese del Sud del mondo, condividendo la vita dei missionari italiani. Ad adulti, famiglie e comunità la Pontificia opera propagazione della fede (Popf) propone due tipi di solidarietà: quella spirituale, con il “pellegrinaggio ad gentes”, un viaggio di preghiera che conduce ogni giorno in un Paese del mondo; e quella materiale, mediante il contributo al Fondo universale di solidarietà con il sostegno di progetti. Ai consacrati, per esprimere in senso missionario la propria vocazione, la Pontificia unione missionaria (Pum) mette a disposizione convegni di approfondimento ed esperienze di servizio nelle giovani Chiese.
Infine la Pontificia opera san Pietro apostolo (Pospa) si rivolge a chi voglia sostenere nelle missioni le vocazioni sacerdotali, provvedendo alla costruzione dei seminari e al mantenimento dei seminaristi. Per maggiori informazioni sull’animazione missionaria è a disposizione il sito www.missioitalia.it

in preparazione al sinodo

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“La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”

Sabato 3 ottobre, memoria del Transito di San Francesco di Assisi, Patrono di Italia. Dalla CEI ci giunge l’invito a partecipare alla iniziativa di preghiera “Le famiglie illuminano il Sinodo”. Si tratta di creare quella stessa sera sul territorio, in forma domestica nella propria casa, o comunitaria in gruppi parrocchiali o diocesani, un incontro in cui invocare lo Spirito Santo e porre sulla finestra delle proprie abitazioni un lume acceso. E’ un modo per condividere l’incontro di preghiera che il Santo Padre presiederà con le famiglie, a Roma, in piazza San Pietro, dalle 18,00 alle 19,30 dello stesso giorno.

Incontro diocesano con Sua Beatitudine Gregorio III Laham, Patriarca di Siria e Medio Oriente che sarà padre sinodale durante il Sinodo. A tal proposito, alla presenza del nostro Vescovo, terrà una testimonianza sull’andamento dei lavori sinodali. L’incontro si terrà Lunedi 26 ottobre, alle 19,30, presso la Parrocchia Maria SS. della Colonna e San Nicola, in Rutigliano.

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