Category Archives: Animazione Vocazionale

Preghiera per la 55a Giornata di Preghiera per le Vocazioni

Padre Buono, che ami tutte le tue creature
e desideri farne tua dimora,
donaci un cuore che ascolti,
capace di posarsi sul cuore di Cristo
e battere al ritmo della tua Vita.
Signore Gesù, amante della vita,
allargaci il cuore alla tua misura;
raccontaci il tuo desiderio
e compilo nella nostra carne.
Sprigiona in noi le energie
della tua Risurrezione
e contagiaci di vita eterna.
Spirito Santo, ospite atteso,
vieni e mostraci la bellezza di una vita
che appartenga tutta a Cristo.
A te, Maria, Madre sempre presente,
affidiamo il desiderio di Pienezza
che attende di esplodere
dentro il cuore di molti giovani.
Tu che hai accolto l’Inedito,
suscita anche in noi
l’audacia del tuo Sì.

Amen

54ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 54ª GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

 Sospinti dallo Spirito per la missione

Cari fratelli e sorelle, negli anni scorsi, abbiamo avuto modo di riflettere su due aspetti che riguardano la vocazione cristiana: l’invito a “uscire da sé stessi” per mettersi in ascolto della voce del Signore e l’importanza della comunità ecclesiale come luogo privilegiato in cui la chiamata di Dio nasce, si alimenta e si esprime.

Ora, in occasione della 54a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, vorrei soffermarmi sulla dimensione missionaria della chiamata cristiana. Chi si è lasciato attrarre dalla voce di Dio e si è messo alla sequela di Gesù scopre ben presto, dentro di sé, l’insopprimibile desiderio di portare la Buona Notizia ai fratelli, attraverso l’evangelizzazione e il servizio nella carità. Tutti i cristiani sono costituiti missionari del Vangelo! Il discepolo, infatti, non riceve il dono dell’amore di Dio per una consolazione privata; non è chiamato a portare sé stesso né a curare gli interessi di un’azienda; egli è semplicemente toccato e trasformato dalla gioia di sentirsi amato da Dio e non può trattenere questa esperienza solo per sé: «La gioia del Vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 21).

L’impegno missionario, perciò, non è qualcosa che si va ad aggiungere alla vita cristiana, come fosse un ornamento, ma, al contrario, è situato nel cuore della fede stessa: la relazione con il Signore implica l’essere mandati nel mondo come profeti della sua parola e testimoni del suo amore.

Se anche sperimentiamo in noi molte fragilità e possiamo talvolta sentirci scoraggiati, dobbiamo alzare il capo verso Dio, senza farci schiacciare dal senso di inadeguatezza o cedere al pessimismo, che ci rende passivi spettatori di una vita stanca e abitudinaria. Non c’è posto per il timore: è Dio stesso che viene a purificare le nostre “labbra impure”, rendendoci idonei per la missione: «E’ scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato. Poi io udii la voce del Signore che diceva: “Chi manderò e chi andrà per noi?”. E io risposi: “Eccomi, manda me!”» (Is 6,6-8).

Ogni discepolo missionario sente nel cuore questa voce divina che lo invita a “passare” in mezzo alla gente, come Gesù, “sanando e beneficando” tutti (cfr At 10,38). Ho già avuto modo di ricordare, infatti, che in virtù del Battesimo, ogni cristiano è un “cristoforo”, cioè “uno che porta Cristo” ai fratelli (cfr Catechesi, 30 gennaio 2016). Ciò vale in modo particolare per coloro che sono chiamati a una vita di speciale consacrazione e anche per i sacerdoti, che generosamente hanno risposto “eccomi, Signore, manda me!”. Con rinnovato entusiasmo missionario, essi sono chiamati ad uscire dai sacri recinti del tempio, per permettere alla tenerezza di Dio di straripare a favore degli uomini (cfr Omelia Santa Messa del Crisma, 24 marzo 2016). La Chiesa ha bisogno di sacerdoti così: fiduciosi e sereni per aver scoperto il vero tesoro, ansiosi di andare a farlo conoscere con gioia a tutti! (cfr Mt 13,44).

Certamente, non poche sono le domande che sorgono quando parliamo della missione cristiana: che cosa significa essere missionario del Vangelo? Chi ci dona la forza e il coraggio dell’annuncio? Qual è la logica evangelica a cui si ispira la missione? A questi interrogativi possiamo rispondere contemplando tre scene evangeliche: l’inizio della missione di Gesù nella sinagoga di Nazareth (cfr Lc 4,16-30); il cammino che Egli fa da Risorto accanto ai discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35); e infine la parabola del seme (cfr Mc 4,26-27).

Gesù è unto dallo Spirito e mandato. Essere discepolo missionario significa partecipare attivamente alla missione del Cristo, che Gesù stesso descrive nella sinagoga di Nazareth: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 4,18-19). Questa è anche la nostra missione: essere unti dallo Spirito e andare verso i fratelli ad annunciare la Parola, diventando per essi uno strumento di salvezza.

Gesù si affianca al nostro cammino. Dinanzi alle domande che emergono dal cuore dell’uomo e alle sfide che si levano dalla realtà, possiamo provare una sensazione di smarrimento e avvertire un deficit di energie e di speranza. C’è il rischio che la missione cristiana appaia come una mera utopia irrealizzabile o, comunque, una realtà che supera le nostre forze. Ma se contempliamo Gesù Risorto, che cammina accanto ai discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-15), la nostra fiducia può essere ravvivata; in questa scena evangelica, abbiamo una vera e propria “liturgia della strada”, che precede quella della Parola e del Pane spezzato e ci comunica che, in ogni nostro passo, Gesù è accanto a noi! I due discepoli, feriti dallo scandalo della Croce, stanno ritornando a casa percorrendo la via della sconfitta: portano nel cuore una speranza infranta e un sogno che non si è realizzato. In loro la tristezza ha preso il posto della gioia del Vangelo. Che cosa fa Gesù? Non li giudica, percorre la loro stessa strada e, invece di innalzare un muro, apre una nuova breccia. Lentamente trasforma il loro scoraggiamento, fa ardere il loro cuore e apre i loro occhi, annunciando la Parola e spezzando il Pane. Allo stesso modo, il cristiano non porta da solo l’impegno della missione, ma sperimenta, anche nelle fatiche e nelle incomprensioni, «che Gesù cammina con lui, parla con lui, respira con lui, lavora con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 266).

Gesù fa germogliare il seme. Infine, è importante imparare dal Vangelo lo stile dell’annuncio. Non di rado, infatti, anche con le migliori intenzioni, può succedere di indulgere a una certa smania di potere, al proselitismo o al fanatismo intollerante. Il Vangelo, invece, ci invita a rifiutare l’idolatria del successo e della potenza, la preoccupazione eccessiva per le strutture, e una certa ansia che risponde più a uno spirito di conquista che a quello del servizio. Il seme del Regno, benché piccolo, invisibile e talvolta insignificante, cresce silenziosamente grazie all’opera incessante di Dio: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa» (Mc 4,26-27). Questa è la nostra prima fiducia: Dio supera le nostre aspettative e ci sorprende con la sua generosità, facendo germogliare i frutti del nostro lavoro oltre i calcoli dell’efficienza umana.

Con questa fiducia evangelica ci apriamo all’azione silenziosa dello Spirito, che è il fondamento della missione. Non potrà mai esserci né pastorale vocazionale, né missione cristiana senza la preghiera assidua e contemplativa. In tal senso, occorre alimentare la vita cristiana con l’ascolto della Parola di Dio e, soprattutto, curare la relazione personale con il Signore nell’adorazione eucaristica, “luogo” privilegiato di incontro con Dio.

È questa intima amicizia con il Signore che desidero vivamente incoraggiare, soprattutto per implorare dall’alto nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Il Popolo di Dio ha bisogno di essere guidato da pastori che spendono la loro vita a servizio del Vangelo. Perciò, chiedo alle comunità parrocchiali, alle associazioni e ai numerosi gruppi di preghiera presenti nella Chiesa: contro la tentazione dello scoraggiamento, continuate a pregare il Signore perché mandi operai nella sua messe e ci dia sacerdoti innamorati del Vangelo, capaci di farsi prossimi con i fratelli ed essere, così, segno vivo dell’amore misericordioso di Dio.

Cari fratelli e sorelle, ancora oggi possiamo ritrovare l’ardore dell’annuncio e proporre, soprattutto ai giovani, la sequela di Cristo. Dinanzi alla diffusa sensazione di una fede stanca o ridotta a meri “doveri da compiere”, i nostri giovani hanno il desiderio di scoprire il fascino sempre attuale della figura di Gesù, di lasciarsi interrogare e provocare dalle sue parole e dai suoi gesti e, infine, di sognare, grazie a Lui, una vita pienamente umana, lieta di spendersi nell’amore.

Maria Santissima, Madre del nostro Salvatore, ha avuto il coraggio di abbracciare questo sogno di Dio, mettendo la sua giovinezza e il suo entusiasmo nelle sue mani. La sua intercessione ci ottenga la stessa apertura di cuore, la prontezza nel proferire il nostro “Eccomi” alla chiamata del Signore e la gioia di metterci in viaggio (cfr Lc 1,39), come Lei, per annunciarlo al mondo intero.

Dal Vaticano, 27 novembre 2016

Prima Domenica di Avvento

 

Franciscus

SETTIMANA DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA 52ª GIORNATA MONDIALE
DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

Tema: L’esodo, esperienza fondamentale della vocazione

 

Cari fratelli e sorelle!

La quarta Domenica di Pasqua ci presenta l’icona del Buon Pastore che conosce le sue pecore, le chiama, le nutre e le conduce. In questa Domenica, da oltre 50 anni, viviamo la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Ogni volta essa ci richiama l’importanza di pregare perché, come disse Gesù ai suoi discepoli, «il signore della messe…mandi operai nella sua messe» (Lc 10,2). Gesù esprime questo comando nel contesto di un invio missionario: ha chiamato, oltre ai dodici apostoli, altri settantadue discepoli e li invia a due a due per la missione (Lc 10,1-16). In effetti, se la Chiesa «è per sua natura missionaria» (Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2), la vocazione cristiana non può che nascere all’interno di un’esperienza di missione. Così, ascoltare e seguire la voce di Cristo Buon Pastore, lasciandosi attrarre e condurre da Lui e consacrando a Lui la propria vita, significa permettere che lo Spirito Santo ci introduca in questo dinamismo missionario, suscitando in noi il desiderio e il coraggio gioioso di offrire la nostra vita e di spenderla per la causa del Regno di Dio.

L’offerta della propria vita in questo atteggiamento missionario è possibile solo se siamo capaci di uscire da noi stessi. Perciò, in questa 52ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, vorrei riflettere proprio su quel particolare “esodo” che è la vocazione, o, meglio, la nostra risposta alla vocazione che Dio ci dona. Quando sentiamo la parola “esodo”, il nostro pensiero va subito agli inizi della meravigliosa storia d’amore tra Dio e il popolo dei suoi figli, una storia che passa attraverso i giorni drammatici della schiavitù in Egitto, la chiamata di Mosè, la liberazione e il cammino verso la terra promessa. Il libro dell’Esodo – il secondo libro della Bibbia –, che narra questa storia, rappresenta una parabola di tutta la storia della salvezza, e anche della dinamica fondamentale della fede cristiana. Infatti, passare dalla schiavitù dell’uomo vecchio alla vita nuova in Cristo è l’opera redentrice che avviene in noi per mezzo della fede (Ef 4,22-24). Questo passaggio è un vero e proprio “esodo”, è il cammino dell’anima cristiana e della Chiesa intera, l’orientamento decisivo dell’esistenza rivolta al Padre.

Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è questo movimento fondamentale dell’esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo; abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova terra. Questa “uscita” non è da intendersi come un disprezzo della propria vita, del proprio sentire, della propria umanità; al contrario, chi si mette in cammino alla sequela del Cristo trova la vita in abbondanza, mettendo tutto sé stesso a disposizione di Dio e del suo Regno. Dice Gesù: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29). Tutto ciò ha la sua radice profonda nell’amore. Infatti, la vocazione cristiana è anzitutto una chiamata d’amore che attrae e rimanda oltre sé stessi, decentra la persona, innesca «un esodo permanente dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio» (Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus Caritas est, 6). L’esperienza dell’esodo è paradigma della vita cristiana, in particolare di chi abbraccia una vocazione di speciale dedizione al servizio del Vangelo. Consiste in un atteggiamento sempre rinnovato di conversione e trasformazione, in un restare sempre in cammino, in un passare dalla morte alla vita così come celebriamo in tutta la liturgia: è il dinamismo pasquale. In fondo, dalla chiamata di Abramo a quella di Mosè, dal cammino peregrinante di Israele nel deserto alla conversione predicata dai profeti, fino al viaggio missionario di Gesù che culmina nella sua morte e risurrezione, la vocazione è sempre quell’azione di Dio che ci fa uscire dalla nostra situazione iniziale, ci libera da ogni forma di schiavitù, ci strappa dall’abitudine e dall’indifferenza e ci proietta verso la gioia della comunione con Dio e con i fratelli. Rispondere alla chiamata di Dio, dunque, è lasciare che Egli ci faccia uscire dalla nostra falsa stabilità per metterci in cammino verso Gesù Cristo, termine primo e ultimo della nostra vita e della nostra felicità.

Questa dinamica dell’esodo non riguarda solo il singolo chiamato, ma l’azione missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa è davvero fedele al suo Maestro nella misura in cui è una Chiesa “in uscita”, non preoccupata di sé stessa, delle proprie strutture e delle proprie conquiste, quanto piuttosto capace di andare, di muoversi, di incontrare i figli di Dio nella loro situazione reale e di com-patire per le loro ferite. Dio esce da sé stesso in una dinamica trinitaria di amore, ascolta la miseria del suo popolo e interviene per liberarlo (Es 3,7). A questo modo di essere e di agire è chiamata anche la Chiesa: la Chiesa che evangelizza esce incontro all’uomo, annuncia la parola liberante del Vangelo, cura con la grazia di Dio le ferite delle anime e dei corpi, solleva i poveri e i bisognosi.

Cari fratelli e sorelle, questo esodo liberante verso Cristo e verso i fratelli rappresenta anche la via per la piena comprensione dell’uomo e per la crescita umana e sociale nella storia. Ascoltare e accogliere la chiamata del Signore non è una questione privata e intimista che possa confondersi con l’emozione del momento; è un impegno concreto, reale e totale che abbraccia la nostra esistenza e la pone al servizio della costruzione del Regno di Dio sulla terra. Perciò la vocazione cristiana, radicata nella contemplazione del cuore del Padre, spinge al tempo stesso all’impegno solidale a favore della liberazione dei fratelli, soprattutto dei più poveri. Il discepolo di Gesù ha il cuore aperto al suo orizzonte sconfinato, e la sua intimità con il Signore non è mai una fuga dalla vita e dal mondo ma, al contrario, «si configura essenzialmente come comunione missionaria» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 23).

Questa dinamica esodale, verso Dio e verso l’uomo, riempie la vita di gioia e di significato. Vorrei dirlo soprattutto ai più giovani che, anche per la loro età e per la visione del futuro che si spalanca davanti ai loro occhi, sanno essere disponibili e generosi. A volte le incognite e le preoccupazioni per il futuro e l’incertezza che intacca la quotidianità rischiano di paralizzare questi loro slanci, di frenare i loro sogni, fino al punto di pensare che non valga la pena impegnarsi e che il Dio della fede cristiana limiti la loro libertà. Invece, cari giovani, non ci sia in voi la paura di uscire da voi stessi e di mettervi in cammino! Il Vangelo è la Parola che libera, trasforma e rende più bella la nostra vita. Quanto è bello lasciarsi sorprendere dalla chiamata di Dio, accogliere la sua Parola, mettere i passi della vostra esistenza sulle orme di Gesù, nell’adorazione del mistero divino e nella dedizione generosa agli altri! La vostra vita diventerà ogni giorno più ricca e più gioiosa! La Vergine Maria, modello di ogni vocazione, non ha temuto di pronunciare il proprio “fiat” alla chiamata del Signore. Lei ci accompagna e ci guida. Con il coraggio generoso della fede, Maria ha cantato la gioia di uscire da sé stessa e affidare a Dio i suoi progetti di vita. A lei ci rivolgiamo per essere pienamente disponibili al disegno che Dio ha su ciascuno di noi; perché cresca in noi il desiderio di uscire e di andare, con sollecitudine, verso gli altri (cfr Lc 1,39). La Vergine Madre ci protegga e interceda per tutti noi.

Dal Vaticano, 29 marzo 2015 Domenica delle Palme

E’ bello con Te….

Venerdì 10 Aprile, subito dopo la Messa Vespertina, vivremo come comunità un incontro di Preghiera-Testimonianza con Antonio Ratti, figlio della nostra comunità parrocchiale, trasferitosi al nord già da diversi anni che ha scelto di intraprendere un percorso di noviziato tra i Frati Cappuccini. L’incontro rinetra negli appuntamenti in preparazione alla 52°Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni che si celebrerà Domenica 26 Aprile p.v. che ha per tama: Vocazioni e santità: toccati dalla Bellezza” (Evangelii Gaudium, 167; 264).

Siamo tutti invitati a partecipare a questo incontro e ad assicurare la nostra preghiera, non solo ad Antonio ma a tutti i germi di Vocazione che sono presenti in mezzo a noiPoster_GMPV2015

GIORNATA DEL SEMINARIO

LA PROPOSTA FORMATIVA DEL SEMINARIO MINORE

Il Seminario minore prima ancora di essere un luogo è anzitutto una «proposta di vita al seguito di Gesù, in un contesto comunitario, tenuto conto delle esigenze proprie dell’età dei ragazzi» (CEI, La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana, Orientamenti e norme per i seminari, n. 35).

Una proposta che mira a investire la vita dei nostri giovani e ad incidere su di essa in tutte le sue dimensioni.

Una proposta centrata su Cristo, che è la misura alta della nostra umanità. «Chi segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anche egli più uomo» (GS 41). E trova risposta anche alla propria vocazione. Cristo, infatti, non è solo «la chiave di accesso per intuire la rilevanza di Dio nell’esistenza quotidiana, ma anche il segreto per spenderla nella carità fraterna in scelte definitive» (Discorso del Santo Padre alla 68° Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana del 27 maggio 2010).

Una proposta che si fa itinerario educativo. Perché la risposta al dono della vita si attua solo nel corso dell’esistenza. Educare, del resto, significa incontrare la vita con le sue attese, i suoi sogni, i suoi dubbi, i suoi limiti, le sue potenzialità, le sue risorse, incontrare questa vita reale, dialogare con essa e adoperarsi giorno dopo giorno per plasmarla, per trasformarla: darle cioè una forma.

Il seminario minore mira a dare alla vita dei nostri ragazzi la forma di Cristo, «maestro perfetto ma anche modello pieno e affascinante cui guardare per educare ed educarci» (Lettera sull’educazione del card. Bagnasco). La chiave del cuore dei nostri ragazzi è, infatti, nelle sue mani, come ci insegna san Giovanni Bosco; per questo non dobbiamo stancarci di imparare da Lui l’arte di educare e di sollecitare risposte generose alla chiamata di Dio.

L’équipe educativa del Seminario è solo l’espressione visibile della sollecitudine di tutta la Chiesa diocesana per le vocazioni. Raccogliamo pertanto l’appello che il Santo Padre ha inteso lanciare nel suo Messaggio per XLVIII Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni 2011: «ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l’impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata … perché sentano il calore dell’intera comunità nel dire il loro sì a Dio e alla Chiesa».

Accompagnamo la Comunità del Seminario Minore con la nostra Preghiera.seminario

SOLENNI QUARANTORE – “E’ Bello con Te”

Cari fratelli e sorelle
Oggi vi parlerò dell’Eucaristia. L’Eucaristia si colloca nel cuore dell’«iniziazione cristiana», insieme al Battesimo e alla Confermazione, e costituisce la sorgente della vita stessa della Chiesa. Da questo Sacramento dell’amore, infatti, scaturisce ogni autentico cammino di fede, di comunione e di testimonianza. Quello che vediamo quando ci raduniamo per celebrare l’Eucaristia, la Messa, ci fa già intuire che cosa stiamo per vivere. Al centro dello spazio destinato alla celebrazione si trova l’altare, che è una mensa, ricoperta da una tovaglia, e questo ci fa pensare ad un banchetto. Sulla mensa c’è una croce, ad indicare che su quell’altare si offre il sacrificio di Cristo: è Lui il cibo spirituale che lì si riceve, sotto i segni del pane e del vino. Accanto alla mensa c’è l’ambone, cioè il luogo da cui si proclama la Parola di Dio: e questo indica che lì ci si raduna per ascoltare il Signore che parla mediante le Sacre Scritture, e dunque il cibo che si riceve è anche la sua Parola.
Parola e Pane nella Messa diventano un tutt’uno, come nell’Ultima Cena, quando tutte le parole di Gesù, tutti i segni che aveva fatto, si condensarono nel gesto di spezzare il pane e di offrire il calice, anticipo del sacrificio della croce, e in quelle parole: “Prendete, mangiate, questo è il mio corpo … Prendete, bevete, questo è il mio sangue”.
Il gesto di Gesù compiuto nell’Ultima Cena è l’estremo ringraziamento al Padre per il suo amore, per la sua misericordia. “Ringraziamento” in greco si dice “eucaristia”. E per questo il Sacramento si chiama Eucaristia: è il supremo ringraziamento al Padre, che ci ha amato tanto da darci il suo Figlio per amore. Ecco perché il termine Eucaristia riassume tutto quel gesto, che è gesto di Dio e dell’uomo insieme, gesto di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo.
Dunque la celebrazione eucaristica è ben più di un semplice banchetto: è proprio il memoriale della Pasqua di Gesù, il mistero centrale della salvezza. «Memoriale» non significa solo un ricordo, un semplice ricordo, ma vuol dire che ogni volta che celebriamo questo Sacramento partecipiamo al mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo. L’Eucaristia costituisce il vertice dell’azione di salvezza di Dio: il Signore Gesù, facendosi pane spezzato per noi, riversa infatti su di noi tutta la sua misericordia e il suo amore, così da rinnovare il nostro cuore, la nostra esistenza e il nostro modo di relazionarci con Lui e con i fratelli. È per questo che comunemente, quando ci si accosta a questo Sacramento, si dice di «ricevere la Comunione», di «fare la Comunione»: questo significa che nella potenza dello Spirito Santo, la partecipazione alla mensa eucaristica ci conforma in modo unico e profondo a Cristo, facendoci pregustare già ora la piena comunione col Padre che caratterizzerà il banchetto celeste, dove con tutti i Santi avremo la gioia di contemplare Dio faccia a faccia.
Cari amici, non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per il dono che ci ha fatto con l’Eucaristia! E’ un dono tanto grande e per questo è tanto importante andare a Messa la domenica. Andare a Messa non solo per pregare, ma per ricevere la Comunione, questo pane che è il corpo di Gesù Cristo che ci salva, ci perdona, ci unisce al Padre. E’ bello fare questo! E tutte le domeniche andiamo a Messa, perché è il giorno proprio della risurrezione del Signore. Per questo la domenica è tanto importante per noi. E con l’Eucaristia sentiamo questa appartenenza proprio alla Chiesa, al Popolo di Dio, al Corpo di Dio, a Gesù Cristo. Non finiremo mai di coglierne tutto il valore e la ricchezza. Chiediamogli allora che questo Sacramento possa continuare a mantenere viva nella Chiesa la sua presenza e a plasmare le nostre comunità nella carità e nella comunione, secondo il cuore del Padre. E questo si fa durante tutta la vita, ma si comincia a farlo il giorno della prima Comunione. E’ importante che i bambini si preparino bene alla prima Comunione e che ogni bambino la faccia, perché è il primo passo di questa appartenenza forte a Gesù Cristo, dopo il Battesimo e la Cresima.
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Signore Gesù Cristo,
pastore Buono delle nostre anime,
Tu che conosci le Tue pecore
e sai come raggiungere il cuore dell’ uomo,
apri la mente ed il cuore di quei giovani che cercano
e attendono una Parola di verità per la loro vita;
fa loro sentire che solo nel mistero della Tua incarnazione
oggi trovano piena luce;
risveglia il coraggio di coloro che sanno dove cercare verità,
ma temono che la Tua richiesta sia troppo esigente;
scuoti l’ animo di quei giovani che vorrebbero seguirti,
ma non sanno vincere l’ incertezza e le paure,
e finiscono per seguire altre voci
ed altri sentieri senza sbocco.
Tu che sei la Parola del Padre,
Parola che crea e che salva,
Parola che illumina e sostiene i cuori,
vinci con il Tuo Spirito le resistenze
e gli indugi degli animi indecisi;
suscita in coloro che tu chiami
il coraggio della risposta d’ amore:
Eccomi, Manda me.
Vergine Maria, giovane figlia di Israele
sorreggi con il Tuo materno amore quei giovani,
ai quali il Padre fa sentire la sua Parola;
e sostieni coloro che sono già consacrati.
Ripetano a Te il sì di una donazione gioiosa e irrevocabile.

Amen.

GIOVEDI’ 5 FEBBRAIO

ORE 20,00 ADORZIONE EUCARISTICA COMUNITARIA

Sono Caldamente Invitati gli Operatori Pastorali, I Giovani e Giovanissimi, le Famiglie della nostra Comunità cropped-IMG-20150204-WA00042.jpg