GIOVEDI’ SANTO
Oggi, Giovedì Santo.
In mattinata, in tutte le cattedrali della Chiesa nel mondo, ogni vescovo raduna, in modo particolare, tutti i sacerdoti della sua Diocesi, per quella suggestiva celebrazione definita ‘Messa del Crisma’, ossia la benedizione degli Oli sacri: dei catecumeni, degli infermi e del Sacro crisma.
Quest’ultimo viene usato per ungere la fronte dei cresimandi, le mani dei sacerdoti ed, infine, il capo nell’ordinazione a vescovo.
Momenti, grandi momenti, Cresima, Sacerdozio, Consacrazione episcopale, che sono, non solo la designazione e consacrazione di noi uomini nel nostro cammino vocazionale, ma sono espressioni della Forza dello Spirito.
Davvero siamo ‘unti del Signore’.
Al termine della S. Messa i parroci attingono gli oli da portare nella parrocchia per il Battesimo, l’Unzione degli infermi e la Cresima.
Ed è un momento, questo, che ‘fa vedere’ come davvero la Chiesa è Corpo di Cristo, visibile nella grande Comunione dei sacerdoti con il vescovo: è la Festa dei sacerdoti e di tutti i fedeli, uniti in comunità con il proprio vescovo. Un evento davvero grande e commovente.
A sera: con grande solennità, come a continuare ‘la Cena del Signore’, ossia il dono dell’Eucarestia, nelle parrocchie viene celebrata la S: Messa definita ‘In Coena Domini’, ossia ‘nella Cena del Signore’.
È la solennità della ‘prima Comunione’ della Chiesa, rappresentata dagli Apostoli, con il Corpo e Sangue di Gesù, donato per sempre quella sera.
Una Cena che da allora non finisce mai ed è la grande manifestazione di Dio che si fa Dono, Pane di Vita, per noi: ‘Mistero grande della fede’.
È qui che si misura quanto conta l’Eucarestia per noi: se poco o se tanto. Ognuno deve chiederselo.
Così commenta, il caro Giovanni Paolo II, il suo rapporto con l’Eucarestia, nell’Enciclica ‘Ecclesia et Eucarestia’.
“Ave, verum corpus, natum de Maria Virgine. Pochi anni or sono ho celebrato il cinquantesimo del mio sacerdozio. Sperimento oggi la grazia di offrire alla Chiesa questa Enciclica sulla Eucaristia, nel Giovedì Santo, che cade nel mio 25° anno di ministero petrino. Lo faccio con il cuore colmo di gratitudine. Da oltre mezzo secolo, ogni giorno, da quel 2 novembre 1946, in cui celebrai la prima Messa, nella cripta di San Leonardo, della cattedrale del Wawel di Cracovia, i miei occhi si sono raccolti sull’ostia e sul calice in cui il tempo e lo spazio si sono in qualche modo ‘contratti’ e il dramma del Golgota si è ripresentato vivo, rivelando la sua misteriosa ‘contemporaneità’.
Ogni giorno la mia fede ha potuto riconoscere nel Pane e nel Vino consacrati, il divino Viandante che un giorno si mise al fianco dei due discepoli di Emmaus per aprire loro gli occhi alla luce e il cuore alla speranza.
Lasciate, carissimi fratelli e sorelle, che io renda con intimo trasporto, in compagnia e a conforto della vostra fede, la mia testimonianza di fede nella Santissima Eucaristia.
‘Ave verum corpus, natum de Maria Virgine / vere passum, immolatum, in croce pro homine’.
Qui c’è il tesoro della Chiesa, il cuore del mondo, il pegno del traguardo a cui ciascun uomo, anche inconsapevolmente, anela.
Mistero grande che supera, certo, e mette a dura prova la capacità della nostra mente di andare oltre le apparenze, ma la fede ci basta. Lasciate che, come Pietro, alla fine del discorso eucaristico, nel Vangelo di Giovanni, io ripeta a Cristo, a nome di ciascuno di voi: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Dall’Enciclica sull’Eucarestia).
Come vescovo, ho avuto il dono qualche volta di celebrare con il Santo Padre, Giovanni Paolo II, la S. Messa nella sua cappella privata. Era come una sinfonia divina, che rapiva e si scolpiva nella memoria e nel cuore. Oggi, siamo chiamati a vivere questo dono.
Ci saremo tutti?
Vorrei che fossero nostre le parole di Pietro, davanti alle nostre difficoltà nel credere: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna…Conferma la nostra fede!”